L’ESSENZA DELL’AMORE
Storia vera di Giulia F., raccolta da Simona Maria Corvese
Pubblicata sul n.14 – 4 aprile 2023 della rivista Confidenze di Stile Italia Edizioni
“Tra me e Diego c’è una forte intesa ma la nostra è una relazione a intermittenza: ogni volta che le cose si fanno più serie, lui si allontana, così il nostro rapporto non può crescere. Gli chiedo una pausa per riflettere. Forse il mio fiuto con lui mi ha tradita?”.
“Potresti portare queste casse nel retro, per favore? Grazie”, dico muovendomi con circospezione tra gl’imballaggi, a un giovane uomo in jeans e giubbotto sportivo che mi si avvicina nel via vai della consegna. In profumeria è arrivata la fornitura di profumi che abbiamo ordinato. Lui mi guarda allibito, poi il suo sguardo si sposta sulle mie scarpe, attirato dal ticchettio che risuona sul pavimento, proprio nel momento in cui il mio equilibrio vacilla. Tende rapido il braccio e mi sostiene un gomito con la mano “Non so come fai a stare su quei tacchi tutto il giorno”, osserva divertito poi mi lancia uno sguardo così penetrante con i suoi occhi, due gemme verdi, che mi manca un battito. Sono occhi cui non sfugge nulla. Arrossisco e istintivamente prendo le distanze, avvicinandomi al banco. “Veramente sono qui perché mi hanno detto che i vostri profumi artigianali sono rinomati a Venezia”, mi risponde guardandosi intorno. Ho commesso un clamoroso errore: non è un fattorino. Mi scuso, imbarazzatissima. “Non è nulla”, mi tranquillizza, accompagnando le parole con un lieve sorriso sulle labbra, carnose e sensuali. È un po’ più grande di me. Sul suo volto abbronzato rughe finissime increspano gli angoli degli occhi, solcando i lati del naso leggermente aquilino. Non mi sono mai sentita così turbata dalla presenza di un uomo e non sono una ragazzina. “È vero: come posso esserle utile?”, replico cercando di sostenere il suo sguardo. Lui si china verso il banco, studiandomi e una ciocca di capelli scuri ma lucenti, striati dalle dorature del sole gli ricade sulla fronte.
“Certo che sembra di stare in una gioielleria”, mi dice ammirato, guardando le luccicanti teche di cristallo e indicando dei vasi pregiati. “Sono di Murano”, gli spiego con orgoglio “Anche le confezioni dei nostri profumi lo sono”, preciso. Lui annuisce, poi torna a osservarmi “Sto cercando un profumo per una donna che mi è molto cara”, mi confida con una voce calda e profonda. Dal suo lieve accento straniero capisco che non è veneziano. “La sua fidanzata?”, chiedo, per capire se è una donna giovane o più matura ma provo anche una gelosia immotivata con uno sconosciuto. Lui prorompe in una risata contagiosa e musicale. “No, signora. Sono un giramondo: non ho legami”, mi risponde malizioso, spiegandomi poi che è ricercatore a contratto di lingua spagnola, in università e che prima ha insegnato in scuole internazionali in Europa “È un regalo per mia madre che vive a Barcellona”.
Sorrido sollevata e incredula per la mia reazione. “Una donna giovanile?” “Sì ma soprattutto dolce. Cosa mi consiglierebbe?”. Lo invito a spostarci su un altro bancone mentre i veri fattorini finiscono di consegnarci gli scatoloni. Eravamo talmente presi l’una dall’altro che non ci siamo quasi accorti della loro presenza. Con lo sguardo verso la teca e un lieve ticchettio delle mie unghie sulla superficie, rifletto sulla fragranza adatta. Estraggo delle fiale in vetro di Murano, che contengono oli essenziali. “Violette di Spagna”, mormoro, poi l’occhio mi cade su un’altra etichetta e ho l’ispirazione giusta “Rosa? Proviamo questa?”. Lui sembra interessato. Si china verso la fiala per inspirarne il profumo ma è talmente intenso da farlo tossire. “Faccia respiri meno profondi: è essenza pura. Provi così”. Lascio che una goccia mi cada sul polso, poi glielo porgo. Nel momento in cui le sue dita affusolate e lisce me lo sorreggono e il suo fiato caldo mi accarezza la pelle, un brivido di piacere mi corre lungo la schiena. Il suo tocco è delicato ma anche fermo e controllato. “Mi fa venire in mente qualcosa di antico, elegante e misterioso: è perfetta per mia madre”, mi dice, allontanandosi dal mio polso ma studiandomi ancora. È talmente vicino che, per celare l’emozione, distolgo lo sguardo.
“Purtroppo dovrà pazientare fino a domani per averlo, signore”, interviene Luca, il mio collega. Si è accorto di tutta la scena e ridacchia. “Il profumo che ha scelto è in uno di questi scatoloni”.
“Non c’è problema”, risponde lui “Intanto lo ordino”. “Che nome devo annotare?”, gli chiedo. “Diego”, poi mi da il suo numero di cellulare. “A domani”, mi saluta, rivolgendomi un’occhiata furtiva, seguita da un sorriso aperto, quindi esce dal negozio. Luca ha fatto svanire tutta la magia di quegli istanti ma io osservo Diego da dietro la vetrina, mentre si allontana lungo il campo. Sono felice: domani lo rivedrò.
Il giorno dopo Diego arriva in profumeria a pochi minuti dalla chiusura. Acquista il profumo poi m’invita a prendere un caffè ma io ho un secondo lavoro che mi aspetta. “Senti, domenica accompagnerò una comitiva al Museo del Profumo, a Palazzo Mocenigo. C’è ancora qualche posto libero”, propongo ma lui mi spiazza. “Volentieri: solo se tu mi fai da guida!”. Ci stringiamo la mano ed è fatta.
Al museo, mentre le persone che accompagno commentano le cose esposte con voci tranquille, io ne approfitto per spiegare a Diego le famiglie olfattive dalle quali nascono i profumi.
“Cosa ti ha portato a lavorare in quella profumeria artistica? Il caso o una scelta?”, mi chiede. I nostri passi risuonano sul pavimento in palladiana. “Sono laureata in chimica e specializzata alla scuola profumiera di Grasse. Ho lavorato anche sei mesi in un’azienda che produce profumi di nicchia”, gli spiego. “Quindi con questi olii essenziali e un diploma così prestigioso riusciresti a creare fragranze meravigliose”, riflette lui sornione, indicandomi l’antico Organo del profumiere in legno intarsiato, sul quale sono disposti ad anfiteatro centinaia di flaconcini di olii essenziali. “Purché non mi metti fretta. Con l’arte bisogna essere pazienti: la sua essenza è delicata”, gli rispondo con lo stesso tono scherzoso che ha usato lui. “Sono un uomo molto paziente”, mi mormora con un tono calmo e misurato e un lieve accento spagnolo, facendosi serio. Sono ammaliata dai suoi occhi inquieti, nei quali scorgo una fine intelligenza e una passionalità tenuta a bada con sicurezza. La sua voce profonda mi fa accelerare le pulsazioni ma Diego non parla più di profumi: sta giocando esplicitamente con me. Sono eccitata ma anche spaventata da questo gioco, del quale è lui ad avere il controllo e nel quale io sono la preda.
“Ho fatto un colloquio con una profumeria di nicchia a Roma e uno per lavorare internamente qui a Venezia: anche loro producono profumi artistici. Sono in attesa di risposte”, spiego rompendo il silenzio, ancora turbata. Diego mi ascolta, ora rassicurante. “Nel frattempo sostituisco una commessa in maternità”. Lui mi sembra sinceramente dispiaciuto. “Intanto continuo a esercitarmi con il riconoscimento olfattivo: quale luogo migliore di una profumeria?”. Diego ride “Cosa farai se non dovessi ottenere il posto?”, mi chiede mentre entriamo nello store del museo, ricco di suggestioni. “Tornerò a Padova da mia madre e accetterò il lavoro nell’agenzia del mio patrigno”, gli dico con le spalle curve e gli occhi spenti, sfogliando distrattamente un catalogo insieme a lui. “organizza eventi di lusso in antiche dimore veneziane”. “Non dovresti rinunciare al tuo sogno”, m’incoraggia lui.
Sento il bancone di legno lucido che preme contro i miei gomiti mentre mi sporgo verso di lui per rispondergli. “Detesto dover accettare il suo aiuto ma devo pagare affitto e bollette: quando mio padre ci ha lasciati per un’altra donna, la nostra famiglia si è smembrata. I miei fratelli se ne sono andati: sono anni che non ho più loro notizie ma spero sempre che un giorno torneranno”. Vedo Diego rattristarsi ma non c’è pietà nel suo sguardo, nonostante gli abbia presentato il quadro di una famiglia allo sbando.
“Sono anch’io precario ma per scelta e con guadagni molto soddisfacenti”, mi confida poi mi posa una mano sulla spalla, cercando di consolarmi “Non smettere di lottare”. Le sue parole sincere mi sono di conforto ma non risolvono i miei problemi.
«Senti, sabato prossimo sono stato invitato a una festa. Mi accompagni?»
Io esito.
«Coraggio! Ti meriti qualche ora di felicità per evadere da questi momenti di incerta realtà. Vedrai che ti farà bene.»
Di fronte al suo sguardo incoraggiante mi pervade un’inaspettata sensazione di calore. Trattengo il respiro: cosa mi accade? «Va bene ma come farò a riconoscerti alla festa, Diego?»
Lui si china verso di me e mi sfiora il volto con il suo alito caldo e un sussurro. «Basta una semplice scia di profumo per riconoscere chi lo indossa.»
Diego non indossa profumo in questo momento ma sa di aria pulita e salmastra. La stessa che troviamo, usciti da Palazzo Mocenigo, nella fredda e nebbiosa serata veneziana. «E qual è la tua fragranza?»
Lui mi guarda con un luccichio malizioso negli occhi e continua a condurre il suo gioco. «È un’amante silenziosa che ti avvolge in un abbraccio indissolubile, come il vero amore.»
Andai al ballo e trascorsi la notte a casa sua: da quel giorno diventammo amanti e lui fu molto affettuoso con me.
“Sto bene insieme a te, Giulia”, mi diceva, abbracciandomi dopo i nostri incontri. “Non ho altre donne ma non considerare la nostra relazione esclusiva”. Quando mi svegliavo, la mattina, l’altro lato del letto era freddo. Stendevo le dita per cercare il suo calore ma trovavo solamente seriche lenzuola impregnate del profumo della sua pelle. Il cielo striato di nubi si tingeva di rosa e le acque del Canal Grande facevano da specchio alle sfumature dell’alba. Tornando a casa riflettevo sulla mia insoddisfazione. L’aria era appesantita dai miasmi dolciastri emanati dall’acqua, lo scalpiccio delle mie scarpe sulle lastre di pietra e il cigolio di qualche imposta mal chiusa alla brezza mattutina erano i soli suoni.
Lo sentivo che c’era un sentimento tra noi, eppure ero entrata in una relazione a intermittenza: quando le cose si facevano più serie lui spariva, poi tornava ancora da me. Cercavo di dare giustificazioni alla sua riluttanza a impegnarsi e desideravo parlare di questa situazione con qualcuno dei suoi amici che frequentavamo ma non volevo suscitare la pietà di nessuno. Loro si sposavano, ci annunciavano gravidanze e noi eravamo sempre allo stesso punto, senza un progetto per il futuro: uniti dalla passione ma incapaci di progredire nel nostro rapporto o di lasciarci andare. Ero contenta di partecipare a matrimoni e battesimi ma ero anche gelosa della felicità altrui. Noi non avevamo messo nulla in comune. Avevamo due di tutto: due letti, due case. “Ho bisogno di una pausa di riflessione”, gli dissi un giorno, tornando a casa dalla profumeria artistica dove lavoravo da ormai quattro anni come creatrice di profumi. Avevo continuato a sperare che alla fine lui si sarebbe impegnato con me, invano. Detestavo quella parte di Diego che si ostinava a frenare i nostri sentimenti ma lo amavo. Sapevo che i suoi problemi a impegnarsi risiedevano nel suo passato anche se non aveva mai voluto parlarmene. Fino a quel momento avevo rispettato le sue paure, con amore incondizionato ma ora ero troppo risentita. Diego non voleva o forse era incapace di venire incontro anche alle mie necessità. “Diego, forse sto sbagliando a rimanere in questa relazione. Io desidero una famiglia ma non so se tu sarai mai con me in questo”, gli rivelai buttando fuori tutto quello che mi turbava da troppo tempo. Lui mi diede tutta la sua attenzione ma non rispose, rimanendo fermo sulla sua posizione.
“Forse c’è qualcosa che manca in me e che non ti fa impegnare in un rapporto più profondo”, gli dissi. “Forse mi pentirò di aver lasciato andare l’amore della mia vita ma so che se resto mi pentirò di aver rinunciato al sogno di diventare madre. Così non mi sento pienamente amata da te”. “Ti amo, Giulia, stai tranquilla”, mi rassicurò “ma non chiedermi di più. Non ancora”. Faceva fatica a partecipare alla conversazione: era come se non riuscisse a vedere dove ci avrebbe portato il futuro. “Mi dispiace…”. Nei mesi successivi ci tenemmo in contatto telefonico. Io non ero felice e non m’innamorai di nessun altro. Anche Diego non aveva nessuno nella sua vita ma nel frattempo aveva una posizione stabile in università. Quando venne a sapere che avevo cominciato a frequentare un collega, gli si smosse qualcosa dentro: mi contattò per uscire insieme. “Senti, domenica accompagnerò una comitiva al parco di Villa Mocenigo, ad Alvisopoli. Racconterò la storia della rosa moceniga”, gli risposi “Mi fai compagnia?”. Mi era mancato ma non volevo più dipendere dai suoi tira e molla.
“Non vedo l’ora, Giulia: ho tante cose da dirti”, mi rispose emozionato. Quella domenica, passeggiando nel parco, Diego mi rivelò tutto quello che non mi aveva mai detto. “Non sono stato onesto con te, Giulia. Quando ti ho conosciuta mi sei piaciuta subito ma io ero stato appena lasciato da una donna che amavo. Cercavo relazioni transitorie, basate solo sul sesso perché non volevo soffrire ancora. Non accettavo di provare sentimenti per te ma così ho continuato a soffrire”, mi confessò “Tu mi hai amato incondizionatamente e non meritavi il mio trattamento”. Mi vengono le lacrime agli occhi e mi volto verso un cespuglio di rose per non mostrarlo. “Anche tu meriti di essere amata incondizionatamente e ora io mi sento pronto”, mi disse posandomi una mano sulla spalla per confortarmi. Diego e io siamo stati amanti delicati e sensibili. L’occasione materiale, quella passione che ci ha unito per anni non ci è mai bastata. “Anche nella lontananza sentivo di amarti e di essere amata”, dissi voltandomi verso di lui. “Anch’io”, annuì Diego confermando le mie sensazioni. “Non ho mai riconosciuto il dono che ci ha unito: l’occasione dello spirito. È qualcosa di molto raro, Giulia e spesso non coincide con la presenza fisica”.
“Forse ci manca solamente il coraggio di essere felici, Diego”, sussurrai e lui, facendomi scorrere un braccio intorno alla vita, si chinò verso di me e mi baciò. Inebriati dal profumo delle rose che ci circondavano, quel giorno comprendemmo cosa fosse l’essenza del vero amore. E cominciammo a far progetti per il nostro futuro.
“L’essenza dell’amore”, copyright © 2023 Simona Maria Corvese
NOTA DELL’AUTRICE PER UN APPROFONDIMENTO DELLA LETTURA:
1 – Il tema centrale della storia si trova nel binomio “occasione materiale – occasione dello spirito”. Chi è arrivato a leggere fino a questo punto ormai ha capito che la storia parla solamente all’apparenza di profumi, ha compreso anche quale sia il suo vero tema e che cosa s’intenda per occasione dello spirito.
2 – Le storie possono essere affrontate e raccontate da diverse angolature e con diverse prospettive. Questa storia ha voluto evidenziare il binomio che ho citato, riflettendo sul senso che si vuole dare a una relazione. Un senso che spetta solamente ai diretti interessati, in questa storia Giulia e Diego, stabilire.
3 – Nella storia ho evidenziato lo sbilanciamento che c’è nella relazione tra Giulia e Diego.
Lei ama incondizionatamente, lui invece pone delle condizioni. Lei va incontro alle esigenze di Diego, sacrificando le sue. Diego rimane fermo sulle sue posizioni.
Uno sbilanciamento che non può andare avanti all’infinito perché porta solamente a una crescente insoddisfazione.
Il comportamento di Diego non deve però essere giudicato perché nasconde delle paure che non riesce a esprimere.
Qual è la paura che non permette a Diego di amare ed essere felice? Diego è stato lasciato da una persona che amava: questo ha rinforzato in lui la convinzione che prima o poi tutti se ne vanno e che quindi è meglio non affezionarsi troppo a una persona, per non soffrire. Il suo comportamento è tutto una conseguenza di questa paura.
In poche parole la loro sembra una storia destinata a un sicuro fallimento. Eppure c’è qualcosa nel loro rapporto che è stata sempre davanti ai loro occhi ma che non sono stati capaci di riconoscere.
… da qui la domanda della storia, che alla fine troverà una risposta: “riusciranno a riconoscere l’essenza del vero amore?”. Sì e la troveranno nell’occasione dello spirito.
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